Consiglio di Stato – Sez.VI – 27 gennaio 2017 n. 341

In materia di annullamento d’ufficio, l’art.21 nonies della legge n.241 del 1990 (introdotto dalla legge n.15 del 2005) ha disciplinato il potere di autotutela in modo da stabilire, per la sua valida esplicazione, un presupposto rigido (l’illegittimità dell’atto da annullare). E altre condizioni flessibili e duttili riferite a concetti indeterminati e, come tali, affidate all’apprezzamento discrezionale dell’amministrazione. Queste ultime devono intendersi, in particolare, stabilite a garanzia delle esigenze di tutela dell’affidamento dei destinatari di atti ampliativi, in ordine alla stabilità dei titoli e alla certezza degli effetti giuridici da essi prodotti e, appunto per mezzo dell’affidamento, a garanzia della valutazione discrezionale dell’amministrazione nella ricerca del giusto equilibrio tra esigenze di ripristino della legalità(rimozione dell’atto illegittimo) e quelle di conservazione dell’assetto regolativo recato dal provvedimento viziato.

Le predette esigenze hanno, peraltro, ricevuto recentemente un ulteriore rafforzamento per mezzo dell’introduzione con la legge n. 124 del 2015, della fissazione del termine massimo di diciotto mesi (con una opportuna precisazione quantitativa della nozione elastica della formula lessicale “termine ragionevole”) per l’annullamento d’ufficio di atti autorizzatori o attributivi di vantaggi economici e, quindi, mediante una riconfigurazione del potere di autotutela secondo canoni di legalità più stringenti e maggiormente garantisti per le posizioni private originate da atti ampliativi.

in Il Foro amministrativo n.1 del 2017

 

Venerdì, 27 Gennaio, 2017
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