La corretta applicazione del principio, per giurisprudenza costante, comporta che la pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l’assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell’atto che vi ha dato avvio.
La legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato ad istanza di parte deve, pertanto, essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato, dovendo ogni atto del procedimento amministrativo essere regolato dalla legge del tempo in cui è emanato in dipendenza della circostanza che lo jus superveniens reca sempre una diversa valutazione degli interessi pubblici (cfr. Cons stato, sez IV, 14 gennaio 2016, n.83)
A tale regola non può farsi eccezione neanche per l’ipotesi in cui in cui lo jus superveniens sia intervenuto dopo il completamento dell’intera istruttoria procedimentale e, tuttavia, prima dell’adozione del provvedimento finale. Sono fatti salvi gli atti endoprocedimentali già conclusi che, in virtù del principio del tempus regit actum trovano disciplina nelle disposizioni di legge o di regolamento vigenti alla data in cui ha luogo ciascuna sequenza procedimentale. Consiglio di Stato sentenza n. 34 del 2012. Sul principio generale del tempus regit actum cfr.Consiglio di Stato, sentenza n. 5854 del 2011